Secondo il vicepresidente di Unindustria, Paolo Candotti, attuale AD di Marine Interiors (Fincantieri) forse un concetto meglio di altri, cattura il grande cambiamento nella società e nel mercato del lavoro: average is over, ovvero la media non conta più. «Un tempo un lavoratore con delle conoscenze medie, che svolgeva un lavoro medio, poteva garantirsi uno stile di vita medio. Oggi questa media non esiste più in conseguenza di tre grandi fenomeni che toccano trasversalmente tutto il mondo sviluppato: la crescente produttività delle macchine intelligenti, la globalizzazione dell’economia e la polarizzazione all’interno delle economie avanzate tra settori del tutto stagnanti e settori molto dinamici. La velocità e la portata del cambiamento – ha aggiunto ancora – impongono a policy maker e amministratori di essere altrettanto veloci ed efficaci nell’adottare politiche capaci di gestire al meglio la transizione, orientando, formando e riqualificando il capitale umano. Per il quale la chiave del successo sembra riguardare un mix appropriato di conoscenza tecnica, di soluzione dei problemi concreti e di capacità di comunicazione». Del presente immediato ha parlato anche Maurizio Castro (già direttore generale di Inail e delle HR di Electrolux in Italia) secondo il quale «recenti riforme normative hanno sancito la definitiva prevalenza, sulla tradizionale concezione proprietaria dell’impresa, della concezione istituzionale, fondata sulla sua responsabilità sociale e sulla sua vocazione etica. Si tratta di un poderoso “cambio di paradigma” – ha aggiunto – che costringe le imprese italiane, e soprattutto quelle nordestine a trazione familiare e monocratica, a un ripensamento radicale di molte delle loro più diffuse prassi organizzative». Per il Segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli «oggi nessuno si occupa del ciclo di vita delle competenze del capitale umano, senza le quali non c’è futuro per l’industria. Per questo ritengo sia sempre più necessario che accanto al bilancio economico/finanziario un’azienda debba avere uno skill monitor, cioè un bilancio della professionalità come risultato di una stima delle competenze di ciascun lavoratore all’interno dell’azienda. Partendo dalle fabbriche bisognerebbe allargare la raccolta di dati e competenze alla filiera e poi ai territori per realizzare uno skill monitor territoriale. Solo avendo chiara la partita che la formazione gioca e giocherà dentro la rivoluzione digitale – ha detto ancora – potremmo cogliere tutte le opportunità che essa può offrire, senza lasciare dietro nessuno. Per questo nella nuova piattaforma del contratto dei metalmeccanici, dopo aver voluto nel precedente rinnovo il diritto soggettivo alla formazione, oltre a rafforzarlo, chiediamo e sosteniamo con forza il bilancio delle competenze del lavoratore. Uno strumento, che se messo in campo seriamente, non solo nei convegni ma nella pratica quotidiana – ha concluso – colmerebbe lo skill mismatch che oggi interessa gran parte dei lavoratori con risultati negativi anche per la produttività delle aziende, dando prospettiva e futuro a lavoratori e imprese».Sandro Piccoli, AD di Proel TSI ha detto che «per far fronte al continuo cambiamento che il mercato e l’impianto normativo relativo al mondo del lavoro impongono si deve per forza passare attraverso la crescita e la formazione del capitale umano». Ferdinando Azzariti, Presidente Salone d’Impresa SpA e docente all’Università IUSVE di Verona ha spiegato che nell’Era della “Information Technology” compare un nuovo “salto quantico” per le piccole e medie imprese: quella del passaggio dall’HR Manager al HRO, cioè all’Human Resource Outsourcing, ovvero il Temporary Manager dedicato allo sviluppo delle persone».Molti dei temi "esplosi" al convegno hanno proposto la questione del trattamento dei dati. Secondo Paolo Vicenzotto, avvocato e consulente in materia di innovazione digitale, privacy e sicurezza informatica, «le aziende innovative sono affamate di dati, quelle toste affrontano il mercato attraverso la raccolta, l’analisi e l’elaborazione di dati e informazioni, che poi usano per cambiare i processi produttivi, evolvere i propri prodotti, capire potenzialità e difetti dei dipendenti, conoscere i propri clienti – vecchi e potenziali. Usano i dati come la nuova “sfera di cristallo”. Gli algoritmi e chi li governa sono i nuovi stregoni. E in questo contesto la normativa vigente, come il Regolamento 679/16 in materia di protezione dei dati personali (GDPR), crea una cornice normativa solida, comune a tutta l’Europa. Il GDPR obbliga le aziende a creare modelli organizzativi di gestione dei dati, finalizzati ad abbattere il rischio di violazione della privacy. L’azienda – ha concluso – dovrà così adottare misure di sicurezza, sia da un punto di vista informatico che organizzativo, logistico, procedurale e normativo, in un’ottica di responsabilizzazione ed accountability».
RISORSE UMANE OGGI E DOMANI, PAROLE D’ORDINE: RAPIDITÀ E PREPARAZIONE PER IMPRESE E LAVORATORI
Se n’è parlato oggi pomeriggio in Unindustria a Pordenone in un convegno organizzato in collaborazione con HR&O Consulting.
02 dicembre 2019
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