"La prima notte non ho capito subito quello che stava succedendo, ho telefonato ai miei genitori e pensavo che erano lontani e mi aspettavano. Subito dopo all'ambasciata e... sì, un po' di paura, ma panico mai. Mi sono detto: se vai in panico non risolvi nulla. Ho pensato di doverla prendere come una lezione della vita e sapevo di non essere solo, che un sacco di persone mi stavano aiutando. La seconda volta mi sono arrabbiato, non era possibile, ancora la febbre che io non mi sentivo di avere. Ma fuori ad aspettarmi questa volta era rimasto Mr. Tian... e beh, è stato diverso dal 3 febbraio". E' il racconto di Niccolò, lo studente rientrato da Wuhan, al Corriere della Sera dallo Spallanzani, dove hanno riscontrato che non ha il coronavirus. La prima volta, il 3 febbraio, non è riuscito a partire con gli altri connazionali per la febbre, poi anche la settimana dopo la temperatura era di nuovo 37,4 e non è potuto partire col volo degli inglesi. "La febbre - dice - mi faceva arrabbiare perché non avevo nessun sintomo, non sentivo nemmeno i brividi, sapevo di averla solo perché me la misuravano". "Ero in Cina da agosto, con un gruppo di cento studenti italiani del programma Intercultura. Io stavo in una famiglia cinese al Nord, nella provincia di Heilongjiang. Il 19 gennaio siamo andati nello Hubei, a visitare i nonni della coppia che mi ospitava. Un villaggio di campagna, 50 case. E quel giorno sono arrivate le notizie dell'epidemia. Sono rimasto chiuso lì, fino al 3 febbraio", racconta. Alla fine il rientro, in bio-contenimento: "non è stato scomodo, ero lì disteso sulla barella, chiuso e ho dormito per dieci ore", "un po' surreale, mica ti capita tutti i giorni di essere trasportato in biocontenimento". Della sua esperienza in Cina, dice è "stato bello e spero di tornare, dopo l'epidemia. E soprattutto voglio andare a ritrovare tutti quelli che mi sono stati vicini, mister Tian, il dottor Zhou e la dottoressa Sara e il personale dell'ambasciata, il console Poti".
Coronavirus: Niccolò, surreale il viaggio in barella
Il racconto dopo il rientro da Wuhan, 'che rabbia la febbre'
10 febbraio 2020
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